Franco è un pittore astratto diplomato all'Accademia di Belle Arti di Firenze che sbarca il lunario sfornando decine di quadri per un immobiliarista di provincia che li appende alle pareti di case che vende già arredate. Lapo è un regista uscito a pieni voti dalla London Film School che da quando è tornato in Italia sopravvive facendo il regista per i filmini dei matrimoni dei calciatori. Sono due delle dieci storie raccontate dai protagonisti di "Deformazione professionale" documentario radiofonico di Duccio Chiarini che solo apparentemente esplora il mondo del precariato artistico italiano; infatti, se da un lato in tutte le puntate si narrano le alterne fortune di giovani artisti usciti da importanti scuole di formazione e presto costretti ad accettare lavori improbabili per sopravvivere, il vero cuore di questo racconto polifonico sembra risiedere proprio nel divertito quanto amaro affresco dell'Italia, dei suoi tic e delle sue manie. Con i loro racconti autoironici i protagonisti di questo documentario ci portano infatti a contatto con scenari sociali alquanto inaspettati: garage soppalcati venduti a peso d'oro a giovani coppie ignare di cosa sia un "loft"; tinelli di casalinghe pronte a tutto pur di comprare da un ex mimo, oggi venditore d'aspirapolvere, l'ultimo modello dell'elettrodomestico fabbricato dalla NASA; librerie dove attori diplomati all'Accademia fingono di leggere Proust ma in realtà lavorano come vigilantes antitaccheggio. Ci sarebbe di che scoraggiarsi ma i protagonisti di "Deformazione professionale" non indugiano mai troppo nel lamento sapendo invece trarre dalla forzata convivenza con mondi cinici e disillusi l'ispirazione e il nutrimento necessari per tornare a fare ciò per cui si sentono nati.