L'improvviso scoppio del vaiolo a Zianigo spinge Marin a partire. Padre Antonio si ammala e Bakhita si fa in quattro per curare quegli stessi contadini che in precedenza erano arrivati quasi a linciarla. Il suo cuore buono non conosce rancore. Spentosi il morbo, Padre Antonio la invia in un convento di canossiane a Venezia affinché possa conoscere a fondo quel Dio che oramai insegue. Ma Federico Marin, presente nella città lagunare, con l’aiuto del laido cugino Guido convince Suor Teresa, la badessa del convento, a "restituirgli" Bakhita dopo che questa avrà ricevuto il battesimo. Ignora che Bakhita ha preso una decisione capitale: farsi suora e dedicare la sua vita a Dio. Marin, messo alle strette, cita in giudizio le canossiane. Padre Antonio chiede l'aiuto di Giuseppe Sarto, cardinale di Mantova e futuro Papa. Sentite le parti, il Procuratore del Re emette la sua sentenza: la schiavitù è abolita in Italia, dunque Bakhita è libera di fare come crede. Bakhita si congeda da Aurora con dolore, ma Dio la chiama. Si ritorna al presente, nel 1947. Aurora, diventata adulta, non ha più visto Bakhita, ma non l'ha mai dimenticata. Alla figlia passa la lezione di quella giovane sudanese fatta Santa da Giovanni Paolo II: bontà, perdono, amore